TRANSESSUALITA’: “Non temiamo le diversità, ma consideriamole una risorsa”

La condizione transessuale, indipendentemente dal fatto che sia stato eseguito l’intervento di riattribuzione chirurgica del sesso, caratterizza tutti quegli individui, il cui sesso biologico e la struttura corporea, ovvero le caratteristiche sessuali secondarie, non sono congruenti con l’identità di genere.

Il transessualismo, come confermano le diverse testimonianze antropologiche e letterarie, è sempre esistito, ma è solo a partire dal 1951, anno in cui è stata eseguita l’operazione chirurgica di conversione sessuale di George Jorgensen in Christine in Danimarca, che tale disturbo ha acquisito un riconoscimento nel contesto medico, psicologico, legale e sociale.

I termini transessuale e travestito, nell’accezione comune, hanno avuto spesso una connotazione negativa, dovuta anche alla cattiva informazione e all’immagine distorta che ne hanno dato i media, che, ricercando spesso la sensazionalità della notizia, ne hanno sottolineato l’aspetto folkloristico-caricaturale, nonché quello criminale.

Tutto ciò ovviamente ha contribuito all’emarginazione e alla solitudine di un’intera categoria, che perciò spesso si ritrova, spinta dal rifiuto e dall’intolleranza, a vivere ai margini, talvolta in situazioni estreme.

In Italia la Legge 164 /82, con sentenza del Tribunale, autorizza, laddove risulti necessario un adeguamento dei caratteri sessuali, sia il trattamento medico-chirurgico che la modificazione dello stato civile, comprensivo del cambio del nome di battesimo.

Inoltre negli ultimi anni molto è stato fatto per dare maggiore visibilità ai transessuali da parte di diverse organizzazioni, come ad esempio il MIT di Bologna piuttosto che l’associazione Libellula di Roma ed altre, che peraltro cercano di fare in modo che ci sia un unico protocollo accettato e cioè quello del S.A.I.F.I.P., (servizio adeguamento identità fisica identità psichica), che appare il più adeguato che prevede una serie di fasi:

  • prime consultazioni /(anamnesi medico-psicologica)
  • valutazione di eleggibilità (ammissione al programma o eventualmente in caso contrario, avvio ad altro iter)
  • inizio del programma (esperienza di vita nel ruolo prescelto, definita test divitariale, per circa due anni, sostegno psicologico e psicoterapico, counseling di gruppo, terapie ormonali e avvio all’iter legale)
  • interventi chirurgici necessari all’uopo
  • rettificazione dei documenti e controlli periodici di ordine medico e psicologico

Articolo a cura della Dott.ssa Vittoria DE CICCO (http://www.psicologiainaiuto.it/transessualita.html)

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